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10/06/2011  - Intervento di saluto del Procuratore Generale Ettore ANGIONI in apertura del Convegno sul “Futuro del Processo Civile”, tenutosi nell’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Cagliari il 10 Giugno 2011.
Sono particolarmente lieto di porgere il più cordiale saluto mio personale e dell’intera Magistratura requirente del Distretto, che oggi idealmente rappresento, ai relatori ed ai partecipanti a questo importantissimo convegno; al saluto mi piace accompagnare le più vive felicitazioni ed il più sincero plauso per gli organizzatori di questa giornata di studio, di cui non si può non cogliere la rilevanza e la particolare attualità: l’AIAF in primis e, quindi, l’Associazione Nazionale Forense e l’Ufficio dei Referenti della Formazione decentrata del Consiglio Superiore della Magistratura presso la nostra Corte d’Appello.

L’argomento dell’odierno seminario induce ad alcune riflessioni su quello che è il problema dei problemi della Giustizia in Italia, e cioè la “famigerata, irragionevole durata dei processi e delle cause, non solo penali, ma anche ed ancor più civili”, in un contesto in cui gli unici a festeggiare finiscono per essere da un lato la miriade dei soggetti che persistono con grande disinvoltura nel violare le norme del Codice penale, sicuri della loro impunità e dall’altro i milioni di debitori che si sottraggono sistematicamente alle proprie responsabilità.

L’uomo della strada vive il dramma dei 5 milioni e 500 mila processi civili e degli oltre 3 milioni di processi penali pendenti, in un sistema in cui le procedure sono bizantine … il meccanismo delle notizie è a dir poco folle … i procedimenti annualmente estinti per prescrizione superano abbondantemente i 150.000 … e l’attesa per una Sentenza definitiva, sia nell’uno che nell’altro ramo del diritto, varia in genere dai sette ai dieci anni!

La situazione precipita sempre più, in quanto nel tempo sono purtroppo mancati gli interventi necessari per superare una crisi così profonda, aggravata dai continui attacchi, anche mediatici, nei confronti della magistratura e delle sue decisioni, che han contribuito a minare la credibilità del sistema giudiziario … una credibilità che è un valore irrinunciabile di uno Stato democratico!

Nella situazione attuale si innesca quindi un clima di illegalità diffusa conseguente proprio alla carenza di tutele e si incrementa quella incertezza dei rapporti umani, ben evidenziati dal disagio dei cittadini e delle imprese e dal freno alla crescita dell’economia: ormai è un dato di fatto che, vista la scarsa efficacia della legge penale, la delinquenza a tutti i livelli trovi conveniente dal punto di vista giuridico operare nel nostro Paese, mentre per altro verso, vista la crisi che investe anche il settore del diritto civile, finiscono per ridursi gli investimenti dall’estero, in quanto gli operatori onesti sanno che, in caso di contestazioni, sarà difficile trovare una soluzione processuale in tempi accettabili.

E’ di ier l’altro l’impietosa analisi del Governatore della Banca d’Italia DRAGHI, il quale, riflettendo sulle ragioni per cui da un decennio l’Italia ha smesso di crescere, ha ricordato che il nostro Paese si colloca purtroppo al 157° posto su 183 nelle graduatorie della Banca Mondiale per la lentezza delle cause civili ed ha richiamato una serie di importanti lavori scientifici di tre illustri economisti … Decio COVIELLO, Andrea ICHINO e Nicola PERSICO … nei quali vengono offerti dei suggerimenti per abbreviare la durata media delle cause civili senza alcun aggravio di spese sull’Erario … suggerimenti che riguardano ad esempio da un lato l’introduzione di un sistema forfettario di retribuzione degli avvocati e dall’altro la assoluta necessità di riorganizzare il lavoro dei giudici.

Nello studio è stata esaminata l’esperienza delle Sezioni Lavoro dei Tribunali di Torino e di Milano, rilevando che nel primo caso i tempi di risoluzione delle cause sono molto più veloci che nel secondo; e ciò, proprio a causa di una diversa organizzazione del lavoro dei giudici.

Il che significa che per migliorare il funzionamento della giustizia, e di quella civile in particolare, non servono grandi riforme, ma solo scelte coraggiose, come ha più volte rimarcato la stesso Presidente NAPOLITANO, il quale, anche da ultimo, nel messaggio inviato al primo Forum Internazionale per lo sviluppo della giustizia elettronica durante il mese di Ottobre dello scorso anno, ha testualmente affermato: “La giustizia troppo lenta mina la fiducia del cittadini e compromette la capacità competitiva dell’Italia sul piano economico. Perciò è indispensabile uno scatto di efficienza che il Paese attende da tempo, con scelte coraggiose in grado di ridurre i costi di gestione della macchina giudiziaria e di semplificare le procedure col contributo di tutti gli operatori e di ogni altra realtà interessata, compresa quella imprenditoriale. A vantaggio dei cittadini questo serve se si vuole dare piena attuazione ai principi del giusto processo!”.

Nell’immaginario collettivo il lato più appariscente di questo dramma parrebbe essere quello relativo al processo penale, al quale, a cagione del mio Ufficio, io presto una particolare attenzione, non foss’altro perché in tale settore si interviene su quel bene preziosissimo che é la libertà personale.

Il discorso non è però dissimile per quel che concerne la giustizia civile e per il processo civile, laddove occorrerebbe procedere anzitutto ad una razionalizzazione dei troppi modelli processuali esistenti, fra i quali gli stessi operatori del diritto riescono a districarsi con difficoltà … Una proliferazione dei riti ai quali si è giunti nella illusoria convinzione di rendere più veloce il procedimento ordinario, seguendo l’idea che a processi speciali dovessero corrispondere tempi più rapidi.

Eppure vi è stato qualcuno che ha parlato trionfalisticamente di una seria riforma, con riferimento ad una serie di disposizioni contenute in una legge speciale, la n. 69 del 18 Giugno 2009, entrata in vigore il 4 Luglio successivo e che in realtà si è limitata ad introdurre disposizioni “in materia civile” nel contesto di altre disposizioni concernenti lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività.

Il tutto, secondo la prassi, scorretta e non condivisibile, di includere in un testo normativo agglomerati di norme fra loro non necessariamente coerenti e, comunque, in ordine non sistematico, in netto contrasto, quindi, con le esigenze di semplificazione normativa, di chiarezza, di ordine logico e di linearità che dovrebbero essere alla base di ogni seria riforma o innovazione legislativa.

Ed è questo un malvezzo che anche in tale campo dura purtroppo da ben 60 anni: dal primo intervento più massivo – la c. d. “novella del 1950”, intervenuta appena 10 anni dopo la promulgazione del Codice di procedura civile – ad oggi i ritocchi, le manipolazioni, le correzioni sono state decine, tant’è che questo Codice appare, rispetto al testo originario, molto più martoriato del Codice civile, che ha subito solo un grande rivolgimento con l’approvazione della riforma del diritto di famiglia nel 1975.

E qui debbo confessare che il mio entusiasmo iniziale per quella che “prima facie” mi era apparsa come una autentica, positiva rivoluzione nell’ambito del processo civile … anche perché contiene in realtà alcune innovazioni condivisibili, quali la rimodulazione della disciplina della rimessione in termini, la parziale riscrittura degli artt. 183 e 345 e l’introduzione di un filtro per i ricorsi in Cassazione … ad una più attenta e meditata lettura dell’intero provvedimento, è poi subito scemato.

Anche le norme contenute in detta Legge non sono infatti coerenti fra loro e col sistema complessivo, per cui non è lecito parlare – come si è fatto impropriamente – di snellimento del processo civile in un contesto in cui erano e sono invece indispensabili misure di natura finanziaria per agevolare i magistrati e il personale amministrativo nella loro quotidiana attività e ancora – come più sopra anticipato – misure di concreta verifica del contenzioso in atto e della sua possibilità di smaltimento da parte dei vari uffici così come dislocati sul territorio, con le conseguenti auspicate misure di revisione e di ristrutturazione della pianta organica dei magistrati ordinari.

Quel che occorre quindi é un progetto organizzativo serio, che dovrebbe passare anche – come ho avuto occasione di sottolineare in diverse altre occasioni – attraverso la fissazione dei c. d. “carichi esigibili” di lavoro, per la cui determinazione è necessaria un’attenta analisi dei flussi e della appena richiamata disponibilità di persone e di mezzi.

Tali premesse ho voluto fare per domandarmi anch’io quale sarà il futuro del processo civile, se è vero poi che anche in Italia si va diffondendo l’opinione che i gravi costi e i ritardi del contenzioso tradizionale possano essere evitati col ricorso, in caso di lite, a procedure di risoluzione alternative delle controversie, che dovrebbero consentire di definire in tempi brevi, a costi contenuti e soprattutto in maniera più conforme agli effettivi interessi delle parti, ogni tipo di controversia civile e commerciale.

E’ quel che il Governo ha fatto, col D. Lgs. n. 28 del 2010, introducendo nell’ordinamento giuridico lo strumento della mediazione, col fine di apprestare un canale alternativo, non contenzioso, per la risoluzione delle controversie civili e commerciali … Una riforma, quest’ultima, che sin dalle prime battute, non pare abbia peraltro ottenuto il consenso di tutti gli addetti ai lavori e, in particolare del Consiglio Nazionale Forense e dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura … e che ha lasciato scettica anche una buona parte della Magistratura.

Questo, quindi, il tema dell’interessantissimo Convegno odierno, che si pone quale interrogativo di fondo proprio quello circa il futuro della giustizia e del processo civile in particolare, in bilico fra giustizia pubblica e giustizia privata.

Un tema che avrebbe sicuramente intrigato l’illustre, compianto Prof. Franco CIPRIANI, il quale, da grande giurista e, direi anche, da grande storico, nel suo coraggioso saggio dal titolo “Piero CALAMANDREI e la procedura civile” si era posto come obbiettivo principale quello di ricostruire gli avvenimenti che avevano portato alla realizzazione dell’attuale codice di procedura civile, facendo parlare in prima persona gli autori di quegli avvenimenti … il CALAMANDREI anzitutto, che di quel codice fascista fu il principale ispiratore e, quindi, il CHIOVENDA, il CARNELUTTI, il REDENTI e l’immenso Salvatore SATTA …

Un tema che deve indurre peraltro tutti a tenere a mente quell’art. 2907 C.c., rapportato all’art. 24 della Carta costituzionale, che è il caposaldo dell’intera costruzione processuale, perché con esso il Legislatore del Codice civile aveva posto un chiaro principio base, e cioè quello per cui chi si afferma titolare di un diritto soggettivo sostanziale e lo ritiene violato, può, se vuole, con una precisa domanda, rivolgersi ad un organo dello Stato, ovvero all’Autorità giurisdizionale ordinaria per ottenere la relativa tutela.

La caratura e lo spessore dei relatori, tutti processualcivilisti di fama, alcuni dei quali coetanei ed amici carissimi del grande giurista scomparso, come i professori PROTO PISANI e CHIARLONI ed altri, più giovani, provenienti dalla scuola cui Egli aveva dato vita in seno all’Università di Bari, come i professori TRISORIO LIUZZI e BALENA … e la personalità del moderatore, l’amico carissimo Angelo LUMINOSO … costituiscono la miglior garanzia per il successo dell’odierna giornata di studi, che … proprio in virtù del contributo che sarà offerto dagli illustri docenti appena richiamati, che si susseguiranno nel corso delle due sessioni della mattina e del pomeriggio … potrà essere arricchita da un dibattito che – ne sono certo – sarà ampio e fruttuoso.

A tutti, quindi, gli auguri più affettuosi di buon lavoro, rinnovando il ricordo del grande studioso del diritto prematuramente scomparso!

La Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari è ubicata in Piazza della Repubblica 18, 09125 CAGLIARI (CA)

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