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10/11/2011  - Intervento del Procuratore Generale Ettore Angioni in occasione della  Giornata europea della Giustizia Civile - 25 ottobre 2011 Aula Udienze civili della Corte di Appello di Cagliari

Come negli anni scorsi, il Consiglio Superiore della Magistratura, seguendo le linee della nota delibera del 2003 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e della Commissione Europea, ha disposto che i dirigenti degli Uffici Giudiziari dedicassero uno spazio nella data odierna per la celebrazione della “GIORNATA EUROPEA DELLA GIUSTIZIA CIVILE”.

E’ questo, quindi, il nono anno di un appuntamento, il cui scopo dovrebbe essere quello di avvicinare i cittadini all’amministrazione della Giustizia … di quella Giustizia che pare invece, anche se non per colpa dei Magistrati, sempre più allontanarsi da loro.

Il mio sarà pertanto – e ve ne chiedo scusa – un discorso di rottura, giacché ancora una volta voglio ribadire quanto improprio appaia, date le contingenze, dedicare una giornata alla celebrazione della Giustizia Civile … Molto più correttamente ci si dovrebbe riunire per celebrare il funerale di una Giustizia, che in Italia è giunta ormai ad una fase di collasso premortale nell’assoluta indifferenza degli altri poteri dello Stato.

Oggi non posso infatti che confermare il giudizio negativo espresso lo scorso anno in ordine all’odierna iniziativa, perché, a fronte dell’invito a dare continuità ad un progetto di sensibilizzazione dei problemi della giustizia civile che ci giunge dagli organismi Europei, il mio e lo sguardo di tutti nel nostro Paese non può non essere rivolto alle migliaia di cittadini che da anni, se non in taluni casi addirittura da decenni, attendono anche nel settore civile una Sentenza che riconosca un loro diritto … Per restare in particolare ai fatti di casa nostra è dello scorso anno la notizia riportata dalla stampa di una causa di divorzio che si trascina addirittura da 15 anni, impedendo ad un professionista di Cagliari di rifarsi una famiglia.

L’azione del Consiglio d’Europa in ambito giudiziario si basa sull’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in virtù del quale “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunziarsi sulle controversie in ordine ai diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”.

Al fine di contribuire al rispetto di questo articolo, che dovrebbe essere uno dei pilastri dello “Stato di diritto”, il Consiglio d’Europa, ha creato un Consiglio consultivo dei Giudici Europei … la c. d. “Commissione Europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ), composto esclusivamente da Giudici in rappresentanza dei 47 Stati membri dell’organizzazione.

Intenti encomiabili, questi appena richiamati, peraltro, solo ed esclusivamente sotto un profilo puramente teorico: chi vive in Italia sa infatti benissimo che attendersi termini ragionevoli per ottenere una Sentenza definitiva, sia civile che penale, è mera utopia, giacché il più grave e pressante problema che affligge questo delicatissimo settore della vita pubblica è proprio quello della estrema lentezza dei procedimenti … una lentezza che non grava soltanto sulle parti in causa, ma, con specifico riferimento proprio alla Giustizia civile, sull’intero sistema e, in particolar modo, sui settori dell’economia e della sicurezza.

Il tutto, in un clima di illegalità diffusa conseguente proprio alla carenza di tutele e di incertezza dei rapporti umani, ben evidenziati dal disagio dei cittadini e delle imprese e dal freno alla crescita dell’economia stessa: ormai è un dato di fatto infatti che, vista la scarsa efficacia della legge penale, la delinquenza a tutti i livelli trovi conveniente dal punto di vista giuridico operare nel nostro Paese, mentre per altro verso, vista la crisi che investe anche il settore del diritto civile, finiscono per ridursi gli investimenti dall’estero, in quanto gli operatori onesti sanno che, in caso di contestazioni, sarà difficile trovare una soluzione processuale in tempi accettabili.

Tanto encomiabile, quindi, quanto inutile appare pertanto il su richiamato progetto di respiro internazionale, tendente a facilitare l’accesso da parte del c.d. “uomo della strada” alla giustizia, si da renderlo pienamente consapevole dei propri diritti in ambito civile, fornendogli tutte le informazioni utili per poterli poi pienamente esercitare.

Sui tempi della Giustizia e di quella civile in particolare si sono spesi da tempo fiumi di parole, senza che si siano mai raggiunti risultati apprezzabili.

Che senso ha infatti sostenere che si debbono accorciare i tempi dei processi quando il numero delle cause aumenta a un ritmo vertiginoso, mentre la geografia e lo stato delle circoscrizioni giudiziarie sono fermi a 150 anni fa?

Che senso ha tutto ciò quando ci si trova dinanzi ad una anomala ed incongrua distribuzione dei magistrati nel territorio nazionale … quando gli organici del personale amministrativo sono ormai ridotti all’osso, coi relativi concorsi che son bloccati da oltre 12 anni … quando vengono a mancare i mezzi e le risorse finanziarie per far marciare la disastrata macchina della Giustizia?

Nel settore civile anche nel nostro Distretto ciascun giudice ha un carico di lavoro mostruoso, con migliaia di cause da trattare … Le cause iscritte a ruolo sono in continuo aumento … Moltissimi magistrati, demotivati, sfiduciati e frustrati, stanno abbandonando la toga in un crescendo che desta le più vive preoccupazioni … Stiamo infatti assistendo ad un esodo in massa che mai si era visto in precedenza!

Eppure in una situazione così drammatica niente si è fatto fino ad oggi da parte del Governo e del Parlamento per giungere ad una riforma seria ed organica, anche e proprio nel settore civile … per giungere ad una riforma che consenta ai magistrati di poter svolgere il loro delicatissimo lavoro in condizioni, se non ottimali, almeno di sopravvivenza …

Nello scorso mese di Gennaio, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, concludevo il mio intervento con alcune considerazioni, che lasciavano poco spazio alla speranza di una seria riforma della giustizia in genere e di quella civile in particolare.

Contestai in particolare il fatto che proprio per quest’ultimo settore si parlasse trionfalisticamente di una seria riforma, con riferimento ad una serie di disposizioni contenute in una legge speciale, la n. 69 del 18 Giugno 2009, entrata in vigore il 4 Luglio successivo e che in realtà si era limitata ad introdurre disposizioni “in materia civile” nel contesto di altre disposizioni concernenti lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività, secondo la prassi, scorretta e non condivisibile, di includere in un testo normativo agglomerati di norme fra loro non necessariamente coerenti e, comunque, in ordine non sistematico, in netto contrasto, quindi, con le esigenze di semplificazione normativa, di chiarezza, di ordine logico e di linearità che dovrebbero essere alla base di ogni seria riforma o innovazione legislativa.

Ed è questo un malvezzo che anche in tale campo dura purtroppo da ben 60 anni: dal primo intervento più massivo – la c. d. “novella del 1950”, intervenuta appena 10 anni dopo la promulgazione del Codice di procedura civile – ad oggi i ritocchi, le manipolazioni, le correzioni sono state decine, tant’è che questo Codice appare, rispetto al testo originario molto più martoriato del Codice civile, che ha subito solo un grande rivolgimento con l’approvazione della riforma del diritto di famiglia nel 1975.

Anche le norme contenute nella Legge appena richiamata non sono infatti coerenti fra loro e col sistema complessivo, per cui non è lecito parlare – come si è fatto impropriamente – di snellimento del processo civile in un contesto in cui erano e sono invece indispensabili misure di concreta verifica del contenzioso in atto e della sua possibilità di smaltimento da parte dei vari uffici così come dislocati sul territorio, con le conseguenti già auspicate misure di revisione e di ristrutturazione della pianta organica dei magistrati ordinari.

Da ultimo, ad onor del vero, qualcosa si è mosso in tema di sfoltimento e razionalizzazione dei riti processuali, grazie al D. L.vo 1 Settembre 2011, n. 150, col quale il Governo ha dato attuazione alla delega legislativa che aveva ricevuto dall’art. 54 della L. 18 Giugno 2009, n. 69, ma ben poco per altro verso si è fatto in ordine alla semplificazione ed allo snellimento delle procedure.

In una situazione di tal fatta, pur tenendo conto di qualche piccola apertura da parte del Legislatore, ben poco allora – consentitemi di ribadirlo – mi pare vi sia da celebrare, da festeggiare o da esaltare …

Per quanto mi riguarda, colgo allora l’occasione per lanciare ancora una volta un accorato appello all’indirizzo di coloro che, pur essendo preposti all’organizzazione della Giustizia, dimostrano di non avere a cuore le problematiche e le sorti di questo delicatissimo settore della vita pubblica ….

Solo quando ci dovessimo imbattere in una riforma seria, quale quella che noi Magistrati da tempo auspichiamo, potremmo dedicare parte del nostro prezioso tempo anche alle celebrazioni, non ultima quella che riguarda proprio la Giustizia civile.

… Quella Giustizia civile che oggi soffre per le migliaia e migliaia di cause che non possono essere portate a decisione, nonostante l’encomiabile sforzo dei magistrati e del personale amministrativo, i quali, allo stato, purtroppo brancolano sempre più nel buio di un’indifferenza che accomuna i politici, con in testa quel Ministero della Giustizia, deputato proprio a far marciare una macchina, da tempo priva del carburante indispensabile per farla andare avanti nell’interesse dei tanti cittadini che attendono una risposta alle loro legittime richieste ed aspettative.

Cagliari, 25 Ottobre 2011.

Ettore ANGIONI Proc. Gen.














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